Mentre a scuola affidano ai ragazzi compiti estivi da svolgere passivamente, vi spiego come la partecipazione attiva degli studenti mi permette di fargli ottenere risultati migliori, attivando il loro senso di responsabilità.
Sta per arrivare l’estate quindi, emergenza o no, i ragazzi saranno presto raggiunti dai temuti compiti estivi. E poco dopo, sarà la volta della lista del materiale da acquistare per l’anno prossimo, l’incubo dei genitori. In questo periodo, mi sono sorpresa a pensare a quando i miei figli, davanti a quelle pile di esercizi, mi chiedevano: “ma a me nella vita cosa servirà sapere che…?”
Da mamma cercavo di far capire loro la necessità di un’educazione al dovere e allo studio e che lo studio è uno strumento per crescere e formarsi. Oggi, da insegnante privata, provo ad articolare la risposta in modo diverso. Mi sono subito resa conto che la mole di libri per ogni anno scolastico è spesso sproporzionata al programma effettivamente svolto in aula. Aggiungiamo, poi, che spesso i ragazzi hanno difficoltà a interessarsi alle materie trattate in classe, troppo distante dalle loro idee di cosa sarà davvero utile per la vita “da grande”.
Coinvolgimento e senso pratico: il mio metodo per i compiti estivi
Nella mia esperienza come insegnante privata, infatti, ho capito presto che la partecipazione attiva dei ragazzi allo studio è una parte fondamentale del processo d’apprendimento. Anche il bisogno di applicazione pratica di quello che si sta studiando è importante per loro. Proprio dai miei studenti ho imparato che se si sentono coinvolti e stimolati con esempi pratici, lo studio dà risultati sorprendenti.
Normalmente, io mi occupo di alunni delle scuole medie e li seguo orizzontalmente su tutte le materie. Aiutarli a fare i compiti estivi, o a studiare durante l’anno, significa ripassare costantemente e rimettersi sempre in discussione. Chiedere ai ragazzi di essere i propri compagni di studio e porsi sul loro stesso livello, mi hanno permesso di entrare in sintonia con loro. E questa sintonia è essenziale per coinvolgerli, capire come si sentono nei confronti della materia e trovare con loro la soluzione per aggirare il problema.
Inoltre, se siamo allo stesso livello, i ragazzi non si sentono a disagio a essere loro a spiegare a me gli argomenti da trattare. Questo meccanismo che li vede come insegnanti, attiva in loro il senso di responsabilità. Come ho già detto parlando della riapertura delle scuole, concedere ai ragazzi la propria fiducia li rende consapevoli delle proprie capacità. E li aiuta anche a fare i compiti.
“Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia”
Ernest Hemingway
Lavorando insieme, come pari, io e i ragazzi possiamo superare ogni ostacolo, spalleggiarci, coinvolgerci a vicenda e far diventare i compiti e lo studio un processo di apprendimento pratico e attivo. E non qualcosa di noioso da affrontare passivamente.
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