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Arte maieutica

Domande-per-dialogare-con-i-nostri-figli
Arte maieutica

Domande per dialogare con i nostri figli

da Claudia Mondina 22 Maggio 2021

Partiamo dall’etimologia della parola domanda.

Per cominciare a riconoscere le diverse tipologie di domanda, per dialogare al meglio con i nostri figli, vediamo un po’ di etimologia. In genere usiamo questi 3 verbi: chiedere, domandare, interrogare.

Chiedere dal latino quaerere: cercare di ottenere qualcosa (per esempio durante l’inquisizione le domande venivano usate per estorcere informazioni o contenuti mortificanti e persecutori).

Interrogare dal latino inter– e rogare: proporre una legge (rogazione, area legislativa e giudiziaria) oppure chiedere per accertarsi che uno sappia qualcosa per trarre dalle sue risposte un giudizio.

Ad esempio, durante un’interrogazione vengono poste domande per controllare che l’alunno abbia studiato.

Domandare dal latino de-mandare: consegnare a qualcuno o affidare a qualcuno (dimensione relazionale, reciprocità e scambio).  Rivolgersi con parole a qualcuno per ottenere risposta.

All’interno del domandare possiamo riconoscere questi 3 temi:

  1. Tema della reciprocità: mezzo di riconoscimento e auto-riconoscimento;
  2. Potenziale creativo: strumento per suscitare un nuovo modo di vedersi e collocarsi nella realtà;
  3. Potenziale generativo: svela il contrasto tra ciò che so e ciò che potrei sapere: ciascuno può sviluppare la capacità di farsi e fare domande.

COME DISTINGUERE LE DIVERSE DOMANDE

Facciamo ora una prima importante distinzione fra domande reali (maieutiche o generative) e domande illegittime o di controllo (finte domande) che servono solo a chi le fa.

  • Domanda maieutica: Essa pone una questione su cui l’altro è invitato a riflettere ed esprimersi con una sua libertà  (generativa). Nel Teeteto Socrate introduce un nuovo modo di domandare: ovvero utilizzare la domanda come tecnica per far emergere la verità. Il filosofo infatti, non trasmette conoscenza ma permette all’interlocutore di arrivare autonomamente alla verità: per Socrate è l’arte del far nascere ciò che è presente in ciascun individuo. La domanda maieutica è una domanda generativa ed ha lo scopo di stimolare. Importante è tenere elevato l’interesse del discepolo. In questi termini la domanda diventa strumento di libertà anche se non dà sempre conferme a chi le pone: non si tratta di accumulare conoscenze ma di tenere alto questo desiderio di scoperta e favorire il dialogo.
  • Domande illegittime o false o di controllo: in qualche modo contengono già degli ordini o dei comandi. Possono avere molte funzioni e a volte sono in grado di mascherarne alcune. Sono dei veri tranelli e servono solo a chi le fa: hanno un’implicazione unilaterale e si collocano su un asse non generativo. Chi le pone, infatti, conosce già la risposta ma al tempo stesso ne pretende una esatta. A volte impongono un comportamento in modo più o meno esplicito. Le domande di controllo se si collocano all’interno di una relazione di vario genere (genitoriale, amicale, di lavoro, di coppia) consentono di controllare l’altro sotto vari profili tra cui:
  • Verificare qualcosa di nostro interesse;
  • Indurre un comportamento;
  • Esprimere un giudizio.

Il mio punto di vista

Alla luce di quanto detto sulla domanda possiamo cominciare a porci in un altro modo verso i nostri figli o alunni quando facciamo le nostre domande. Infatti si possono utilizzare le domande generative che stimolano la loro curiosità e il loro interesse, mentre invece vanno evitate le domande false e manipolatorie.

Più di una volta mi sono trovata davanti a famiglie nel panico, ragazzi sfiduciati, genitori sfiniti, insegnanti che si arrendono. Introducendo nelle nostre parole questa attenzione al “cosa si dice” possiamo, come se fosse un gioco, cambiare la direzione delle cose.

Certo non aspettiamoci un risultato facile ed immediato ma posso dirvi, per esperienza personale come madre e come insegnante, che situazioni che sembrano insormontabili improvvisamente diventano un giogo leggero. Mi riferisco anche quanto oggetto di un mio precedente articolo riguardante i compiti a casa e le fatiche dei genitori.

La soluzione spesso sta in un’idea semplice, sarà sufficiente uscire dagli schemi da cui siamo incatenati per trovarla.

Non solo lo stress si riduce ma si inizia una attività piacevole e appagante, nella quale la nostra presenza da invadente diventerà pervadente, stimolerà anche la nostra creatività e sarà fonte di gioia anche per noi. Provare per credere!


“Da me non hanno imparato mai nulla, ma da loro stessi scoprono e generano molte cose belle” Platone – Teeteto

22 Maggio 2021 0 commento
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I-compiti-a-casa-non-sono-una-disperazione
Arte maieutica

I compiti a casa non sono una disperazione

da Claudia Mondina 28 Aprile 2021

Cosa sono e perché servono

I compiti a casa sono l’applicazione pratica e teorica delle materie trattate in classe durante la settimana. Il loro scopo, se formulati bene, è di creare una continuità tra scuola e casa, dando vita ad un momento di arricchimento che stimoli la curiosità. Purtroppo non sempre è così.

I compiti sono visti come vere e proprie incombenze, sgradite a genitori e figli, e possono trasformarsi in una lotta senza sosta all’interno del nucleo familiare.
L’immediata conseguenza è uno stress diffuso che porta l’alunno ad un calo di rendimento e ad una conseguente sfiducia in se stesso ma anche da parte dei genitori e degli insegnanti.
La scuola non sempre appare equa nell’assegnare i compiti a casa, ma di certo questi
sono una realtà che esiste. Una realtà necessaria che come prima cosa va accettata e capita.

Perché i compiti sono importanti


I compiti sono importanti perché allenano all’impegno i nostri giovani atleti. Durante questo allenamento i genitori hanno il ruolo di sostenere e sorvegliare i propri figli, aiutandoli a trovare in se stessi le risposte, affiancandoli e rendendoli autonomi.
Quindi anziché combattere questa realtà conviene guardarla con occhi diversi a partire da noi genitori. E non solo! Se ci pensiamo bene è un’occasione per stare vicino ai nostri figli e rivivere i momenti della nostra infanzia o adolescenza.

Il mio punto di vista sui compiti a casa


Cosa si può fare per rendere il momento dei compiti a casa una bella avventura anziché una disperazione? Proviamo ad immaginare un percorso fatto di tappe con piccoli e grandi ostacoli da superare insieme.

Questo che sto per raccontarvi probabilmente non ha molto a che fare con il tema dei compiti ma il paragone penso possa essere calzante.

10 anni fa mi sono recata per la prima volta da una fisioterapista per una cervicalgia. Dopo la visita la dottoressa mi espose il suo programma e con mio stupore mi disse che non avrebbe manipolato solo il collo bensì tutto il corpo perché quel dolore localizzato poteva essere una spia di un altro malessere.
Ecco, quando un ragazzo ha poca voglia di studiare o non ha voglia di fare i compiti, pur comprendendo l’irritazione di un genitore, suggerisco di non fermarsi a ciò che ci appare ma di andare oltre. Ciò potrebbe essere un segnale di qualche cosa che non funziona per lui.

Come già scriveva Montesquieu, agli albori dell’illuminismo, nella sua opera Le leggi della politica, tutte le parti coinvolte concorrono al bene generale come, in musica, le dissonanze concorrono all’accordo totale. L’unità, cioè l’armonia da cui deriva la felicità, che è la sola vera pace, può esistere anche dove sembra regnare il disordine.

Anziché affrettarci a ricercare una soluzione rapida ed indolore al problema dovremmo approfittare dello stesso per capire meglio i nostri figli, magari optando per un incontro a metà strada piuttosto che perseguire il conflitto.

“Per un figlio di buona famiglia, se si desidera farne un uomo avveduto piuttosto che dotto, vorrei anche che si avesse cura di scegliergli un precettore che avesse piuttosto la testa ben fatta che ben piena“

Michel de Montaigne

Ritengo importante proporre ai nostri figli dei modelli di gioia anziché esempi di perfezione.

28 Aprile 2021 0 commento
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Arte maieutica

L’apprendimento attraverso il Metodo Maieutico

da Claudia Mondina 25 Marzo 2021
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La mia esperienza personale

Il mio avvicinamento al metodo maieutico è avvenuto in maniera inconsapevole ma al tempo stesso naturale. Essendo madre di due figli ho sentito, durante la fase della loro crescita, non solo il bisogno di evitare il conflitto ma di imparare a vivere con gioia i momenti insieme.

Spesso mi capitava di osservare con curiosità ed un pizzico di invidia quei genitori che riuscivano a comunicare serenamente con i loro figli senza dover ricorrere ad urla e punizioni. E così ho iniziato a pensare che anche il mio rapporto familiare poteva essere vissuto con successo ed appagamento.

Probabilmente questo bisogno di cambiamento si legava anche al fatto di non aver avuto un’infanzia e un’adolescenza serena. Ho iniziato così ad avere il desiderio di fare ordine nel mio progetto educativo e di informarmi. Volevo crescere per essere in grado di educare con consapevolezza ed amore i miei figli.

Seguendo conferenze, confrontandomi con psicologi ed esperti e leggendo letteratura in materia educativa mi sono avvicinata all’apprendimento attraverso il Metodo Maieutico.

In alcune pagine del libro Crescere per educare del giornalista, scrittore e conferenziere, Pietro Lombardo, sono rimasta colpita da questa frase: “Il vero Maestro” diceva Socrate “è il maieuta, colui che fa scoprire all’allievo la risposta che cerca in se stesso“.

Rifacendomi a queste righe mi sono incuriosita e mi sono documentata su Socrate ed ho capito chi fosse il maieuta. Seguendo un corso di “Metodologia e didattica maieutica” ho cominciato a conoscere le 3 condizioni per un apprendimento efficace. Eccole qui di seguito:

  1. la motivazione;
  2. l’imitazione;
  3. la gradualità.

La Motivazione

La motivazione all’apprendimento è una componente neuro cerebrale della nostra specie umana che si presenta in maniera diversa nel corso della vita. E’ un istinto innato e potente presente nel bambino fino a circa 10 anni, è automatico e lo spinge a provare e riprovare fino a quando non riesce a fare qualcosa (per es. camminare).

Nella pre adolescenza subentra il pensiero logico astratto e il ragazzo si allontana dai modelli adulti.

La motivazione si affievolisce, non è più automatica. Prevalgono gli interessi endogeni su quelli esogeni. Le difficoltà a vari livelli, con insegnanti, genitori, compagni di classe o con una specifica materia possono condizionare il desiderio di  apprendere.

La motivazione è una specie di forza motrice che serve a trainare la locomotiva dell’apprendimento. Genitori, educatori ed insegnanti sono tutti tenuti ad accompagnare l’educando alla ricerca della motivazione e al suo mantenimento. Fondamentale è individuare in lui gli interessi, scegliendo temi e modi di studio inerenti alle sue preferenze.

Lo studio si trasformerà in un’esperienza piacevole che lo porterà ad intuire la bellezza di quanto sta facendo. E sarà protagonista e non soggetto passivo, accrescendo la sua autonomia e la fiducia in se stesso e nelle sue capacità.

L’imitazione

L’imitazione è quel meccanismo per il quale bambini e adolescenti sono attratti dai comportamenti di un altro individuo e quindi cercano di fare come lui. Se incanalata positivamente dagli educatori li stimola a svolgere in modo piacevole attività a volte sgradite.

Il miglior processo di apprendimento non si attiva mai in solitudine, ma nello studio praticato in gruppo.

L’imitazione è importante perchè si impara molto dai propri coetanei: l’esempio dei compagni stimola e facilita la comprensione e il desiderio di apprendere.

La gradualità

La gradualità è il riconoscimento che ogni individuo ha delle modalità specifiche di apprendimento con tempi diversi. Nel percorso di crescita e studio non vi è uno schema rigido con tappe prestabilite, è il ritmo del singolo che scandisce tale processo. Se vengono rispettati questi tempi avremo più possibilità di successo rispetto al pretendere una prestazione immediata.

Il riconoscimento di questa caratteristica serve all’insegnante, genitori ed educatori, per dare a ogni bambino o ragazzo le tempistiche necessarie per apprendere.

Molte sono le variabili che concorrono a formare la gradualità: dalle capacità personali e genetiche, alla situazione ambientale e pregressa del ragazzo.

Attraverso la gradualità l’alunno trae vantaggio perché, non sentendo una pressione esagerata su di lui, agirà con più disinvoltura e fiducia in se stesso, imparando insieme ai suoi educatori ad accettare anche i piccoli incidenti di percorso.

E’ importante quindi rispettare questo principio perché così sarà molto più facile per l’insegnante pazientare rispettando i tempi del ragazzo. A loro volta anche i genitori, pur non perdendo di vista la funzione di guida e vigilanza dell’educatore, riconosceranno il valore dei propri figli.

“L’insegnate mediocre racconta. Il bravo insegnate spiega. L’insegnate eccellente dimostra. Il maestro ispira.”
SOCRATE

Ho molto fiducia nell’apprendimento attraverso il metodo maieutico perché consente a noi genitori di avere una nuova prospettiva non solo per il campo scolastico ma anche quello educativo.

Così mi sono buttata alle spalle, con vero piacere, tanti luoghi comuni limitanti favorendo uno stile di vita improntato sull’ascolto ed il reciproco interesse, a beneficio del rapporto tra me ed i miei figli.

25 Marzo 2021 2 commenti
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Arte maieutica

Il rapporto adolescenti e social network

da Claudia Mondina 2 Marzo 2021
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I giovani & social network: rapporto

Oggigiorno sempre più giovani sono coinvolti in un mondo, quello dei social network,  che appare loro sempre più reale e sempre meno virtuale. Un mondo che nasconde anche molti pericoli. Carla Garlatti garante per l’infanzia sostiene che nonostante i pericoli bisogna consentire ai ragazzi di navigare sul web che, in fondo, fa parte del loro bagaglio culturale e sociale. È un mezzo di apprendimento, intrattenimento, comunicazione e condivisione anche con la famiglia.

Quindi anziché contrastare il web occorre rigorosamente disciplinare qualsiasi accesso alla rete. L’utilizzo fatto dai ragazzi troppo giovani è distorto perché non sono in grado di riconoscere un contenuto nocivo o offensivo da uno realmente positivo, arrivando così a incorrere in episodi di bullismo e denigrazione.

Stefano Vicari professore ordinario di neuropsichiatria infantile, in una sua recente intervista, pone l’attenzione sulle fasce d’età più a rischio, facendo una netta distinzione tra bambini e adolescenti. Per i primi è indispensabile il totale controllo da parte dei genitori anche grazie all’utilizzo di strumenti di parental control mentre per i secondi il discorso è più complesso: non va fatto un divieto ma vanno educati al suo uso.

Come? Dando il buon esempio, evitando di utilizzare in maniera spasmodica i social network. E’ importante che i genitori recuperino il loro ruolo per far si che i figli possano essere accompagnati verso un percorso di autonomia e consapevolezza.

Quali sono le conseguenze dei social sui più giovani?

Sempre il Professor Vicari afferma che i social sono fattori di rischio come tutto quando se ne abusa. Le conseguenze spesso sono una riduzione dell’attività fisica, una diminuzione delle ore di sonno e nei più piccoli processi di emulazione quindi di rischio. Stabilire una relazione positiva con lo strumento è importante e straordinario per favorire la salute mentale ed aprire, ad esempio, nuove strade per l’apprendimento.

Naturalmente saranno i genitori e gli educatori in genere che faranno il primo passo nel dare l’esempio per un corretto uso dei social.

Quali sono gli errori più frequenti dei genitori in fatto di educazione digitale? Non tutti hanno un’alfabetizzazione digitale per cui bisogna avvicinarsi ai ragazzi sui social non per giocare con loro ma per capire cosa stanno facendo.

Il mio punto di vista

Ormai lo sappiamo, a tutti piace “controllare” il cellulare, curiosare, informarsi, scambiare messaggi con gli amici, tuttavia, con i nostri figli dovremmo cercare di limitare questa esigenza.

I bambini, anche quelli più piccoli, osservano ed imparano dagli atteggiamenti di noi adulti. Per quanto a volte sentiamo il bisogno di distrarci dai ritmi quotidiani ed il cellulare è una vera e propria tentazione, anche noi dobbiamo autoregolarci perchè questo può causare disattenzione nei confronti dei più piccoli.

Cosa fare in maniera pratica?

  • Evitiamo di tenere sempre a portata di mano il nostro cellulare;
  • Diminuiamo il tempo sui social network;
  • Limitiamo la condivisione online di ogni momento della nostra giornata;
  • Passiamo del tempo di qualità con i nostri figli.

citazione: “Non saranno né la televisione né Internet a creare disagio ai bambini e agli adolescenti, quanto una certa indisponibilità degli adulti a esserci.” (Paolo Crepet, cit da La Gioia di Educare)

Se vuoi approfonfire questo argomento guarda la campagna “Se non ha l’età, i social possono attendere“ lanciata dal Garante privacy e Telefono Azzurro.

2 Marzo 2021 0 commento
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Arte maieutica

Fare un passo indietro per aiutare i ragazzi a responsabilizzarsi

da Claudia Mondina 12 Ottobre 2020
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Quando nasce un bambino si fanno tanti progetti per lui. Ma un figlio non è mai uguale al sogno dei suoi genitori: farà scelte diverse dalle loro che a volte dovranno fare un passo indietro e riflettere.

Nel mio percorso come insegnante privata, ho sempre incontrato genitori desiderosi per i propri bambini di dare loro ciò che non hanno potuto avere nella loro infanzia: scuola, vacanze, amicizie, tipo di educazione sono solo alcune di queste. Nel tempo, però, mi sono resa conto che i genitori, in queste situazioni, dovrebbero fare un passo indietro e lasciare che siano i ragazzi a fare le scelte che competono loro.

Anche io, come mamma, avevo molte aspettative sui miei figli. Ma riflettendo ho capito che essere genitori significa stargli accanto durante il percorso di crescita, supportandoli, ma evitando di scegliere per loro. Essi potrebbero vivere con angoscia e depressione l’impossibilità di accontentare il genitore. Questo fallimento, come spesso viene percepito dai bambini, può causare una mancanza di fiducia in se stessi.

La volta in cui ho dovuto fare un passo indietro

Verso la fine della terza media, mia figlia decise di frequentare il liceo scientifico, nonostante non avesse buoni voti in matematica. Sia io che gli insegnanti non approvammo quella scelta, ma lei fu irremovibile. Così la iscrissi nello stesso liceo che aveva frequentato il fratello. Si inserì bene e riuscì a seguire discretamente l’anno scolastico, nonostante le carenze in aritmetica. Alla fine, però, fu lei stessa a decidere che sarebbe stato meglio cambiare indirizzo e per il secondo anno scelse di passare al liceo delle scienze sociali.

Fu qui che le mie convinzioni e aspettative mi bloccarono. Ero ormai soddisfatta della sua scelta e di come l’aveva affrontata e non riuscii subito a capire le motivazioni dietro a quel cambiamento. A questo andava aggiunto che, personalmente, avevo sempre ritenuto il liceo delle scienze sociali meno completo del liceo scientifico.

Caso vuole, però, che in quei giorni incontrai una lontana cugina che insegnava proprio al liceo dove voleva iscriversi mia figlia. Così, parlammo dell’istituto e della decisione della ragazza. Quando mi chiese il perché della mia opposizione a quella scelta, non seppi spiegarle il problema. Ma alla fine non c’entrava nessuno se non me stessa. Ero solo preoccupata della mia serenità, del fatto che mi fidassi di più di una scuola piuttosto che dell’altra.

Alla fine, decisi di fare un passo indietro e lasciare che fosse lei a scegliere, aiutandola a fare la domanda di iscrizione e a inserirsi nella nuova scuola. A oggi, mia figlia ha giovato della decisione e non se ne è mai pentita.

La lezione che tutti possiamo imparare

La prima lezione che penso di potervi passare è questa: fare un passo indietro non è negativo. Non sentitevi irresponsabili o di stare venendo meno ai vostri obblighi genitoriali. La serenità dei figli deve sempre essere messa al primo posto. Penso che, prima di prendere decisioni di cui pentirsi, bisognerebbe indagare se stessi e le reali motivazioni dietro ai propri sentimenti.

La seconda, come sempre, è quella di avere fiducia nei vostri figli. Riconoscere le capacità dei propri ragazzi, sostenere le loro scelte, aiuta a stare bene con se stessi e con loro. E gli si dà la possibilità di crescere, responsabilizzarsi, pur sapendo di poter contare sui propri genitori.

“I vostri figli non sono vostri… sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita. Nascono per mezzo di voi, ma non da voi. Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono. Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.”
(da “Il profeta” di Kahlil Gibran)

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    12 Ottobre 2020 0 commento
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    Difficoltà a farsi obbedire? Smettete di ripetervi!
    Arte maieutica

    Come farsi obbedire senza ripetersi!

    da Claudia Mondina 24 Settembre 2020
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    Quante volte capita di dover dire le cose più e più volte prima di vedere i figli farle? Chi ha difficoltà a farsi obbedire può provare un nuovo metodo: evitare di ripetersi. Ecco come ha cambiato il mio rapporto coi ragazzi, ottenendo di più con molta meno fatica.

    È finito il periodo estivo, sono terminate le vacanze e, ormai, è arrivato il fatidico rientro in classe dei ragazzi. Durante questa pausa, mi sono ritrovata a pensare a quando, molti anni fa, sono stata in Toscana con i miei figli. Era agosto e mi trovavo in un residence molto attrezzato, con bar, piscina e giochi per i bambini. Ed è lì che ho ideato il mio metodo che consente di raggiungere obiettivi più elevati con meno dispendio di energia e voglio consigliare a chi ha difficoltà a farsi obbedire.

    In un pomeriggio come tanti, mio figlio più grande stava giocando con un altro bambino al calcio balilla nell’area dedicata ai ragazzi di sei o sette anni. Gli avevo concesso dieci minuti, ma, scaduti da tempo, ancora non era tornato da me. Sono quindi andata a richiamarlo, ma i miei tentativi di attirare la sua attenzione rimasero vani. A tal punto che un signore che passava mi chiese se continuassi a ripetere la stessa frase perché mio figlio fosse sordo. Rimasi stupita da quella domanda e risposi che ci sentiva benissimo. Mi suggerì, allora, di smettere di ripeterglielo all’infinito, perché tanto mi aveva sentito di sicuro e non avrei ottenuto niente. Non solo, avrei sprecato voce ed energia inutilmente. Proprio mentre parlavamo, infatti, mio figlio si staccò dal gioco, salutò l’altro bambino e mi raggiunse, pronto ad andare. Vi lascio immaginare il mio stupore davanti a quella scena.

    Difficoltà a farsi obbedire? Evitate di ripetervi

    Fu da questo momento che mi misi a riflettere e a pormi in modo diverso con i miei figli. Ed è da qui che nasce il mio consiglio per chi ha difficoltà a farsi obbedire: evitate di ripetervi. Una volta che si smette di dire e ridire sempre la stessa cosa, si scopre che con la pazienza e la fiducia si ottiene molto di più dai ragazzi. Li si spinge a responsabilizzarsi, a capire quando è ora di smettere di giocare e fare quello che gli è stato chiesto. Sicuramente ci vorrà del tempo, come per tutte le lezioni che si imparano nella vita, ma il risultato è permanente e i vostri figli saranno più sereni.

    Dopo essermi documentata, infatti, posso assicurarvi che i bambini sentono tutto quello che diciamo, anche quando non ci stiamo rivolgendo a loro. Dubitare che ci abbiano sentito significa mandare il messaggio che non ci fidiamo. Quando, magari, siamo solo irritati da fattori esterni e che non dipendono dai figli o dalla conversazione in corso. Può capitare a tutti di avere una giornata storta e di essere stressati. O di essere stanchi dopo otto ore in ufficio particolarmente pesanti. Oppure, ancora, di essere frustrati perché si hanno troppi impegni e non si riesce a fare tutto ciò che si vuole. Tuttavia, cerchiamo di non riversare queste emozioni negative su di loro e concediamogli il beneficio del dubbio.

    “Nulla succede ad opera dei demoni; non esistono demoni. Ognuno può compiere opere di magia, ognuno può raggiungere i propri fini, se sa pensare, se sa aspettare, se sa digiunare.” (Siddharta, Hermann Hesse)

    Guardandomi indietro, nel mio lungo percorso educativo con i figli, mi sono resa conto che non ho mai ottenuto niente affannandomi. Al contrario, il risultato era che mi trovavo sfinita e impotente. Ho cercato, invece, di dar loro fiducia, anche se all’inizio non obbedivano. Questo processo, sicuramente non facile, non deve per forza essere compiuto da soli. Ammettere di essere in difficoltà non è una debolezza e ci si può sempre rivolgere a una persona competente che ci aiuti a capire come poter modificare il nostro atteggiamento in modo costruttivo, anche quando sembra troppo radicato.

    24 Settembre 2020 0 commento
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    Arte maieutica

    Come aiutare i ragazzi a superare l’incubo dei compiti estivi

    da Claudia Mondina 27 Maggio 2020

    Mentre a scuola affidano ai ragazzi compiti estivi da svolgere passivamente, vi spiego come la partecipazione attiva degli studenti mi permette di fargli ottenere risultati migliori, attivando il loro senso di responsabilità.

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    Sta per arrivare l’estate quindi, emergenza o no, i ragazzi saranno presto raggiunti dai temuti compiti estivi. E poco dopo, sarà la volta della lista del materiale da acquistare per l’anno prossimo, l’incubo dei genitori. In questo periodo, mi sono sorpresa a pensare a quando i miei figli, davanti a quelle pile di esercizi, mi chiedevano: “ma a me nella vita cosa servirà sapere che…?”

    Da mamma cercavo di far capire loro la necessità di un’educazione al dovere e allo studio e che lo studio è uno strumento per crescere e formarsi. Oggi, da insegnante privata, provo ad articolare la risposta in modo diverso. Mi sono subito resa conto che la mole di libri per ogni anno scolastico è spesso sproporzionata al programma effettivamente svolto in aula. Aggiungiamo, poi, che spesso i ragazzi hanno difficoltà a interessarsi alle materie trattate in classe, troppo distante dalle loro idee di cosa sarà davvero utile per la vita “da grande”.

    Coinvolgimento e senso pratico: il mio metodo per i compiti estivi

    Nella mia esperienza come insegnante privata, infatti, ho capito presto che la partecipazione attiva dei ragazzi allo studio è una parte fondamentale del processo d’apprendimento. Anche il bisogno di applicazione pratica di quello che si sta studiando è importante per loro. Proprio dai miei studenti ho imparato che se si sentono coinvolti e stimolati con esempi pratici, lo studio dà risultati sorprendenti.

    Normalmente, io mi occupo di alunni delle scuole medie e li seguo orizzontalmente su tutte le materie. Aiutarli a fare i compiti estivi, o a studiare durante l’anno, significa ripassare costantemente e rimettersi sempre in discussione. Chiedere ai ragazzi di essere i propri compagni di studio e porsi sul loro stesso livello, mi hanno permesso di entrare in sintonia con loro. E questa sintonia è essenziale per coinvolgerli, capire come si sentono nei confronti della materia e trovare con loro la soluzione per aggirare il problema.

    Inoltre, se siamo allo stesso livello, i ragazzi non si sentono a disagio a essere loro a spiegare a me gli argomenti da trattare. Questo meccanismo che li vede come insegnanti, attiva in loro il senso di responsabilità. Come ho già detto parlando della riapertura delle scuole, concedere ai ragazzi la propria fiducia li rende consapevoli delle proprie capacità. E li aiuta anche a fare i compiti.

    “Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia”

    Ernest Hemingway

    Lavorando insieme, come pari, io e i ragazzi possiamo superare ogni ostacolo, spalleggiarci, coinvolgerci a vicenda e far diventare i compiti e lo studio un processo di apprendimento pratico e attivo. E non qualcosa di noioso da affrontare passivamente.

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      27 Maggio 2020 1 commento
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      I-genitori-hanno-bisogno-della-riapertura-delle-scuole-più-dei-figli
      Arte maieutica

      Riapertura delle scuole? I genitori ne hanno bisogno più dei figli

      da Claudia Mondina 15 Maggio 2020
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      Ora che la situazione d’emergenza sta tornando sotto controllo, anche se non è passata, i genitori auspicano la riapertura delle scuole per poter tornare al lavoro sereni (e avere una pausa dai figli).

      Visto che la situazione d’emergenza va progressivamente migliorando, aziende e imprese si stanno preparando a far rientrare i dipendenti nei loro spazi di lavoro ordinari. Ma senza la riapertura delle scuole, molti genitori iniziano a chiedersi come ciò potrà conciliarsi con la presenza a casa dei loro figli.

      Anche io è da un po’ che mi trovo a pensare sempre più a quando potrò riprendere una vita (quasi) normale. Una vita fatta di incontri, di relazioni personali con i miei figli, gli amici e i parenti. Questi pensieri fanno nascere in me la speranza di poter riprendere presto a fare lezioni di persona con i miei alunni.

      In questi ultimi due mesi e mezzo, ho pensato spesso a che cosa sarebbe stato per me trovarsi in questa situazione. A casa per un periodo così lungo con due bambini da gestire e senza poter vedere nessuno e senza poter uscire. Non parliamo, poi, del fatto che se avessi dovuto riprendere il lavoro il 18 maggio, come prevede l’ultimo decreto-legge, avrei dovuto trovare una sistemazione per i miei figli. E mi posso immaginare l’ansia che mi avrebbe presa al pensiero delle vacanze e soprattutto all’incertezza sulla riapertura delle scuole a settembre.

      Credo che giunti a questo punto, con i dati in continuo miglioramento, e con genitori esasperati e figli demotivati, possa essere messa sulla bilancia la gravità della situazione psicologica e la possibilità che riprendendo la scuola si possa nuovamente diffondere il virus. Tuttavia, penso che con le dovute precauzioni e un piano ben strutturato, sia molto possibile una riapertura delle scuole. Oltre al fatto che credo sia meglio un giorno da leoni che cento da pecora.

      Ricostruire l’Italia: un piano per riaprire c’è

      Proprio in questi giorni ho avuto modo di ascoltare la proposta di Parisi, Bertagna e Massagli che propongono proprio quel piano ben fatto di cui vi parlavo prima. Presentato a Vittorio Colao, nell’ambito del loro Piano Operativo Ricostruire l’Italia, che vi invito a guardare, a giugno andrebbero riaperte le scuole. Il piano illustra anche tutta una serie di contromisure per prevenire i contagi nell’ambito scolastico. Naturalmente bisognerà responsabilizzare i bambini, che sono sicura si comporteranno meglio di noi adulti. Come la maieutica mi ha insegnato, concedere ai ragazzi la propria fiducia li rende consapevoli delle proprie capacità. Ma questo vale su tutto e non solo per la scuola.

      Sembra, tuttavia, che il Governo non abbia preso in considerazione la proposta di Parisi, almeno per il momento. Come dicevo, per decidere sulla riapertura della scuola vanno considerati vari fattori e bisogna ragionare su pro e contro. Sappiamo che la scienza, a oggi, non è in grado di darci una risposta netta, un sì o un no, e non possiamo aspettarci che sia lei a prendere una decisione. Credo sia fondamentale considerare sia la salute fisica e psicologica dei ragazzi, quanto l’equilibrio di gestione delle famiglie. Questo comprende anche l’attività lavorativa dei genitori, ostacolata come detto dall’impossibilità di rientrare in ufficio lasciando i figli a casa da soli.

      Però, molti Paesi europei hanno già ripreso la scuola, in modi e tempi diversi, e altri si uniranno a loro. Francia, Spagna, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Polonia e Austria hanno riaperto o stanno pensando di farlo. A questi si unirà presto l’Inghilterra. Guardando alla situazione di questi Stati, penso ci siano tutti i dati necessari per poter prendere in considerazione un piano per far tornare i ragazzi in aula prima di settembre.

      Non credo che ci possa essere una conclusione facile e risolutiva, ma una terza via, un ibrido tra didattica a distanza, come viene fatta oggi, e presenza in classe. Potrebbe anche essere, penso, una buona opportunità per riorganizzare le scuole.

      Il mondo è nelle mani di coloro che hanno il coraggio di sognare e di correre il rischio di vivere i propri sogni. (Paulo Coelho)

      Prendendo in prestito le parole di Paulo Coelho, voglio concludere con una considerazione personale: vivere con pienezza è sempre un rischio. Dobbiamo stare attenti a non cadere nella trappola della ricerca di una vita a rischio zero. Giusto usare la prudenza, sì alla consapevolezza, ma niente panico. Affidiamoci al realismo, ma con un pizzico di ottimismo.

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        15 Maggio 2020 0 commento
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        Arte maieutica

        La fatica dei genitori ai tempi del Covid-19.

        da Claudia Mondina 12 Maggio 2020

        Stare insieme a casa è un’opportunità?

        In questa situazione di congestione casalinga, anche lo stress dei genitori è aumentato. Ma stare insieme a casa può rivelarsi una grande occasione. Ne ho parlato con Giulia, mamma di due figli di 12 e 8 anni, di cui vi riporto più avanti una testimonianza.

        Volevo incominciare raccontandovi un pezzo del mio percorso, ma non posso proprio scrivere. Non mi vengono le idee. Continuo a pensare a quella che, in questo momento, è la fatica dei genitori che si trovano ad avere, non solo le difficoltà che abbiamo tutti a vivere in questa situazione, ma anche i figli a casa tutto il giorno. Con l’emergenza Covid-19, quindi, i loro impegni scolastici ed extrascolastici si svolgono tutti in uno spazio che ora penso sia strettissimo. E allora, mi sono chiesta: stare insieme a casa è davvero un’opportunità?

        Per non parlare, poi, dell’assenza totale di aiuto di cui prima potevano avvalersi i genitori. Non si può più chiamare un nonno o una babysitter per i bambini. O invitare un amico. O, ancora, fare una gita scolastica, una festa e via dicendo. Nessun colloquio con i professori. Non esiste più un momento di svago, una sera al cinema o andare a mangiare una pizza e l’elenco delle privazioni non finisce qui.

        Per capire meglio la fatica dei genitori ho chiesto a Giulia, la mamma di un ragazzo di 2a media a cui do lezioni private di tedesco, se mi poteva mandare una descrizione di com’è la loro realtà familiare in questo periodo, visto che i miei figli sono grandi e vivono per conto loro. Condivido con voi questa testimonianza in cui trovo anche un po’ di ilarità.

        La testimonianza di Giulia

        “Viviamo in un appartamento di 75 mq composto da due camere, un soggiorno con cucina a vista e un bagno. Siamo in quattro e normalmente gli spazi, seppur piccoli, sono sufficienti, vivendo la casa tutti insieme solo per poche ore al giorno. La scuola, il lavoro, i corsi di nuoto, scherma, musical, inglese ci tengono fuori per molte ore.

        Naturalmente adesso la situazione è decisamente cambiata. Mio figlio di 12 anni passa almeno tre ore al giorno su diverse piattaforme, la più piccola di 8 ne passa un paio tra scuola e chiamate Skype con compagni che non vede da mesi e mio marito è impegnato tra video call e seminari online.

        Tutto ciò avviene nelle tre stanze a nostra disposizione. Questo comporta che la sottoscritta debba decidere se farsi vedere nello splendore della mise casalinga e la piega all’ultimo grido o se rintanarsi alla chetichella in bagno con l’amico telefono o in compagnia di un buon libro.

        Nei restanti momenti liberi dai congegni elettronici, mi rimane il “piacere“ dei compiti che già sono una gioia a regime normale. Il ragazzo che frequenta la seconda media è piuttosto autonomo e tende a rifiutare l’aiuto, passando però ore in solitudine davanti uno schermo, spesso spiaggiato sul letto. La bimba di terza elementare, invece, va seguita perché, oltre ai soliti compiti, adesso a noi mamme tocca anche una parte di spiegazione che le maestre in un’ora a video non riescono a completare.

        Gli argomenti svolti sono ovviamente semplice e alla portata anche di chi non tocca un libro scolastico da ormai vent’anni. Sembrerebbe quindi di facile gestione se non fosse che quando parla la maestra è il Verbo quando parla la mamma è tutto molto discutibile e l’”Ipse dixit” non vale più. Accade così che, sedutami al tavolo con il sorriso che solo la più amorevole delle fatine fiabesche indosserebbe, dopo pochi minuti avviene la trasformazione nella sorella cattiva di Crudelia De Mon.

        A quel punto, come ridestato da un sogno, si affaccia in soggiorno il papà che, con la faccia a punto interrogativo, abbozza ignaro delle conseguenze la fatidica domanda “Cosa succede?”, aprendo l’argine a un fiume di parole in piena.

        Non è però tutto negativo. La mia bimba, non avendo l’ansia del tempo, sta scrivendo meglio e i suoi elaborati sono più ordinati. Il grande, Andrea, sabato ha organizzato per la famiglia un programma che prevedeva palestra, spa, doccia, aperitivo e cena a cui ci ha voluto tutti in ghingheri. Mio marito, che spesso per lavoro rientra tardi, è sempre a cena e a pranzo con noi. Certo, le preoccupazioni per la salute dei nostri cari e per il discorso economico non mancano, ma forse avremo imparato a godere di più delle piccole cose e certamente a saper sopportare i difetti delle persone con cui viviamo.”

        La fatica dei genitori: c’è sempre un lato positivo!

        Bella questa descrizione: mi è piaciuto il modo ironico con cui Giulia racconta la situazione, seppur pesante, e la fatica dell’essere genitori. Ma ancora di più, mi ha sorpreso la parte finale, dove questa mamma trova anche il lato positivo nella condizione attuale che fa sfocare gli aspetti negativi. Il figlio, Andrea, che prepara una festa per i genitori, addirittura con la spa e una cena elegante, la bambina che migliora la scrittura perché è più serena e il papà che c’è di più a casa… anche se magari un po’ distratto!

        C’è una gioia grandissima in tutto ciò e mi viene in mente, a proposito di aspetti positivi, che, qualche sera fa, io e i miei due figli ci siamo sentiti in una videochiamata. Io avevo appena finito di guardare un album di foto della nostra famiglia e gliene ho parlato.

        Ho anche detto loro che, forse, quando erano piccoli, ero stata un po’ troppo ansiosa e tesa e che mi dispiaceva. Probabilmente, ero stata anche severa, perché così ero stata educata. È vero che con il tempo sono cambiata, ma vedendo quelle foto mi era venuto un po’ di rammarico e così ho accennato l’argomento. Temevo in realtà che loro si ricordassero questa figura un po’ arcigna che mi sono lasciata alle spalle.

        Ma, anche qui, sorpresa! Mi hanno assicurato che l’immagine che hanno di me come mamma è bella e positiva. Forse non si ricordano di qualche scatto, di qualche nervosismo, di qualche urlata o di qualche scappellotto, ma si ricordano che io per loro c’ero.

        Non ci saremmo mai detti queste cose in una situazione normale. Mi rendo conto che, in questi giorni veramente pesanti, i sentimenti e gli affetti si espandono e possono diventare grandissimi, come forse mai prima d’ora!

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          12 Maggio 2020 0 commento
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          Arte maieutica

          Perché Arte Maieutica Ribelle?

          da Claudia Mondina 4 Maggio 2020

          Vi spiego come sono entrata in contatto con la maieutica e perché, nel creare questo diario, ho deciso di chiamarla “ribelle”.

          Una ribellione che ha contraddistinto tutta la mia vita, non a Socrate ma ai luoghi comuni della nostra società, dalle relazioni coi miei figli a quelle con i ragazzi a cui do ripetizioni.

          La maieutica, o metodo socratico, è un metodo di insegnamento che trae le sue origini da Socrate che, tra le molte teorie filosofiche, ha avuto anche questa intuizione di grande attualità. Ovvero, che l’insegnante non si debba porre in modo autoritario con l’alunno, ma debba essere colui che fa nascere nello studente il desiderio, la curiosità e lo stimolo verso la conoscenza. Maieutico, infatti, deriva dal termine greco per “levatrice”.

          Il primo approccio con la maieutica l’ho avuto 30 anni fa quando, appassionata di Pietro Lombardo, giornalista, psicologo e pedagogista, ascoltavo la sua trasmissione “Educhiamo i nostri figli”. Ho acquistato il primo dei suoi libri “Crescere per educare” che mi ha, poco alla volta, portato in un mondo nuovo. Mi ha stupito come, all’interno del libro, Lombardo affermi che un genitore ha un impatto educativo sui propri figli secondo lo schema: poco per quello che dice, molto per quello che fa, tantissimo per quello che è.

          Continuando la lettura, ho ritrovato il metodo maieutico nell’ambito dell’insegnamento. E da qui in avanti, ho cominciato a prendere spunti e ad applicarlo nel mio stesso stile di vita, nel campo educativo, relazionale e, appunto, in quello dell’istruzione. Ho scoperto parole mai sentite prima: empatia, attenzione alla persona, intelligenza del cuore, ascolto e comprensione dell’altro, sguardo all’affettività e molte altre che ritroverai tra queste pagine.

          La maieutica come arte della ribellione

          L’ho chiamata “maieutica ribelle” perché all’interno di questo diario personale scoprirete che tutto nasce dalla mia ribellione ai luoghi comuni della nostra società. Per fare un esempio, oggi si pensa che il bambino o lo studente che ha difficoltà a studiare debba essere uno svogliato, pigro, lavativo. Spesso a torto.

          Io ritengo che sia meglio fare una distinzione tra un bambino più veloce e uno più lento nell’apprendere, così come nello scrivere o nel parlare. Ma in pochi, secondo la mia esperienza, sono pronti a riconoscere che un ragazzo possa avere una grande ansia nel rapporto con la sua famiglia o con gli insegnanti quando non sente di venire apprezzato per i suoi sforzi. E questo può comportare poca fiducia in sé e nelle sue capacità.

          Citando il romanzo Siddharta di Herman Hesse:

          “Tu non lo costringi, non lo picchi, non gli dai ordini, perché sai che c’è più forza nel molle che nel duro, sai che l’acqua è più forte che la pietra, che l’amore è più forte che la violenza.”

          Per questo ho deciso di fare mia l’arte maieutica di Socrate e cambiare l’approccio con cui interagisco con i ragazzi a cui faccio lezioni private. La mia proposta su queste pagine, quindi, sarà quella di ribellarsi ai luoghi comuni, spingersi oltre le apparenze e usare l’intelligenza del cuore.Con questo diario, infatti, intendo rivolgermi in primo luogo ai genitori con figli in età scolare e adolescenti. Ma, proprio per il mio vissuto, parlerò spesso anche a chi si trova in una situazione difficile e ha deciso di sfidarla e combattere, come feci io. Anziché lasciarmi travolgere dai problemi, ho scelto di accettarli. Perché a volte bisogna imparare ad andare a braccetto anche con compagni di viaggio più sgraditi.

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            4 Maggio 2020 0 commento
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