Perché Arte Maieutica Ribelle?

da Claudia Mondina

Vi spiego come sono entrata in contatto con la maieutica e perché, nel creare questo diario, ho deciso di chiamarla “ribelle”.

Una ribellione che ha contraddistinto tutta la mia vita, non a Socrate ma ai luoghi comuni della nostra società, dalle relazioni coi miei figli a quelle con i ragazzi a cui do ripetizioni.

La maieutica, o metodo socratico, è un metodo di insegnamento che trae le sue origini da Socrate che, tra le molte teorie filosofiche, ha avuto anche questa intuizione di grande attualità. Ovvero, che l’insegnante non si debba porre in modo autoritario con l’alunno, ma debba essere colui che fa nascere nello studente il desiderio, la curiosità e lo stimolo verso la conoscenza. Maieutico, infatti, deriva dal termine greco per “levatrice”.

Il primo approccio con la maieutica l’ho avuto 30 anni fa quando, appassionata di Pietro Lombardo, giornalista, psicologo e pedagogista, ascoltavo la sua trasmissione “Educhiamo i nostri figli”. Ho acquistato il primo dei suoi libri “Crescere per educare” che mi ha, poco alla volta, portato in un mondo nuovo. Mi ha stupito come, all’interno del libro, Lombardo affermi che un genitore ha un impatto educativo sui propri figli secondo lo schema: poco per quello che dice, molto per quello che fa, tantissimo per quello che è.

Continuando la lettura, ho ritrovato il metodo maieutico nell’ambito dell’insegnamento. E da qui in avanti, ho cominciato a prendere spunti e ad applicarlo nel mio stesso stile di vita, nel campo educativo, relazionale e, appunto, in quello dell’istruzione. Ho scoperto parole mai sentite prima: empatia, attenzione alla persona, intelligenza del cuore, ascolto e comprensione dell’altro, sguardo all’affettività e molte altre che ritroverai tra queste pagine.

La maieutica come arte della ribellione

L’ho chiamata “maieutica ribelle” perché all’interno di questo diario personale scoprirete che tutto nasce dalla mia ribellione ai luoghi comuni della nostra società. Per fare un esempio, oggi si pensa che il bambino o lo studente che ha difficoltà a studiare debba essere uno svogliato, pigro, lavativo. Spesso a torto.

Io ritengo che sia meglio fare una distinzione tra un bambino più veloce e uno più lento nell’apprendere, così come nello scrivere o nel parlare. Ma in pochi, secondo la mia esperienza, sono pronti a riconoscere che un ragazzo possa avere una grande ansia nel rapporto con la sua famiglia o con gli insegnanti quando non sente di venire apprezzato per i suoi sforzi. E questo può comportare poca fiducia in sé e nelle sue capacità.

Citando il romanzo Siddharta di Herman Hesse:

“Tu non lo costringi, non lo picchi, non gli dai ordini, perché sai che c’è più forza nel molle che nel duro, sai che l’acqua è più forte che la pietra, che l’amore è più forte che la violenza.”

Per questo ho deciso di fare mia l’arte maieutica di Socrate e cambiare l’approccio con cui interagisco con i ragazzi a cui faccio lezioni private. La mia proposta su queste pagine, quindi, sarà quella di ribellarsi ai luoghi comuni, spingersi oltre le apparenze e usare l’intelligenza del cuore.Con questo diario, infatti, intendo rivolgermi in primo luogo ai genitori con figli in età scolare e adolescenti. Ma, proprio per il mio vissuto, parlerò spesso anche a chi si trova in una situazione difficile e ha deciso di sfidarla e combattere, come feci io. Anziché lasciarmi travolgere dai problemi, ho scelto di accettarli. Perché a volte bisogna imparare ad andare a braccetto anche con compagni di viaggio più sgraditi.

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