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I-compiti-a-casa-non-sono-una-disperazione
Arte maieutica

I compiti a casa non sono una disperazione

da Claudia Mondina 28 Aprile 2021

Cosa sono e perché servono

I compiti a casa sono l’applicazione pratica e teorica delle materie trattate in classe durante la settimana. Il loro scopo, se formulati bene, è di creare una continuità tra scuola e casa, dando vita ad un momento di arricchimento che stimoli la curiosità. Purtroppo non sempre è così.

I compiti sono visti come vere e proprie incombenze, sgradite a genitori e figli, e possono trasformarsi in una lotta senza sosta all’interno del nucleo familiare.
L’immediata conseguenza è uno stress diffuso che porta l’alunno ad un calo di rendimento e ad una conseguente sfiducia in se stesso ma anche da parte dei genitori e degli insegnanti.
La scuola non sempre appare equa nell’assegnare i compiti a casa, ma di certo questi
sono una realtà che esiste. Una realtà necessaria che come prima cosa va accettata e capita.

Perché i compiti sono importanti


I compiti sono importanti perché allenano all’impegno i nostri giovani atleti. Durante questo allenamento i genitori hanno il ruolo di sostenere e sorvegliare i propri figli, aiutandoli a trovare in se stessi le risposte, affiancandoli e rendendoli autonomi.
Quindi anziché combattere questa realtà conviene guardarla con occhi diversi a partire da noi genitori. E non solo! Se ci pensiamo bene è un’occasione per stare vicino ai nostri figli e rivivere i momenti della nostra infanzia o adolescenza.

Il mio punto di vista sui compiti a casa


Cosa si può fare per rendere il momento dei compiti a casa una bella avventura anziché una disperazione? Proviamo ad immaginare un percorso fatto di tappe con piccoli e grandi ostacoli da superare insieme.

Questo che sto per raccontarvi probabilmente non ha molto a che fare con il tema dei compiti ma il paragone penso possa essere calzante.

10 anni fa mi sono recata per la prima volta da una fisioterapista per una cervicalgia. Dopo la visita la dottoressa mi espose il suo programma e con mio stupore mi disse che non avrebbe manipolato solo il collo bensì tutto il corpo perché quel dolore localizzato poteva essere una spia di un altro malessere.
Ecco, quando un ragazzo ha poca voglia di studiare o non ha voglia di fare i compiti, pur comprendendo l’irritazione di un genitore, suggerisco di non fermarsi a ciò che ci appare ma di andare oltre. Ciò potrebbe essere un segnale di qualche cosa che non funziona per lui.

Come già scriveva Montesquieu, agli albori dell’illuminismo, nella sua opera Le leggi della politica, tutte le parti coinvolte concorrono al bene generale come, in musica, le dissonanze concorrono all’accordo totale. L’unità, cioè l’armonia da cui deriva la felicità, che è la sola vera pace, può esistere anche dove sembra regnare il disordine.

Anziché affrettarci a ricercare una soluzione rapida ed indolore al problema dovremmo approfittare dello stesso per capire meglio i nostri figli, magari optando per un incontro a metà strada piuttosto che perseguire il conflitto.

“Per un figlio di buona famiglia, se si desidera farne un uomo avveduto piuttosto che dotto, vorrei anche che si avesse cura di scegliergli un precettore che avesse piuttosto la testa ben fatta che ben piena“

Michel de Montaigne

Ritengo importante proporre ai nostri figli dei modelli di gioia anziché esempi di perfezione.

28 Aprile 2021 0 commento
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Arte maieutica

Il rapporto adolescenti e social network

da Claudia Mondina 2 Marzo 2021
Adolescenti-e-Social-Network
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I giovani & social network: rapporto

Oggigiorno sempre più giovani sono coinvolti in un mondo, quello dei social network,  che appare loro sempre più reale e sempre meno virtuale. Un mondo che nasconde anche molti pericoli. Carla Garlatti garante per l’infanzia sostiene che nonostante i pericoli bisogna consentire ai ragazzi di navigare sul web che, in fondo, fa parte del loro bagaglio culturale e sociale. È un mezzo di apprendimento, intrattenimento, comunicazione e condivisione anche con la famiglia.

Quindi anziché contrastare il web occorre rigorosamente disciplinare qualsiasi accesso alla rete. L’utilizzo fatto dai ragazzi troppo giovani è distorto perché non sono in grado di riconoscere un contenuto nocivo o offensivo da uno realmente positivo, arrivando così a incorrere in episodi di bullismo e denigrazione.

Stefano Vicari professore ordinario di neuropsichiatria infantile, in una sua recente intervista, pone l’attenzione sulle fasce d’età più a rischio, facendo una netta distinzione tra bambini e adolescenti. Per i primi è indispensabile il totale controllo da parte dei genitori anche grazie all’utilizzo di strumenti di parental control mentre per i secondi il discorso è più complesso: non va fatto un divieto ma vanno educati al suo uso.

Come? Dando il buon esempio, evitando di utilizzare in maniera spasmodica i social network. E’ importante che i genitori recuperino il loro ruolo per far si che i figli possano essere accompagnati verso un percorso di autonomia e consapevolezza.

Quali sono le conseguenze dei social sui più giovani?

Sempre il Professor Vicari afferma che i social sono fattori di rischio come tutto quando se ne abusa. Le conseguenze spesso sono una riduzione dell’attività fisica, una diminuzione delle ore di sonno e nei più piccoli processi di emulazione quindi di rischio. Stabilire una relazione positiva con lo strumento è importante e straordinario per favorire la salute mentale ed aprire, ad esempio, nuove strade per l’apprendimento.

Naturalmente saranno i genitori e gli educatori in genere che faranno il primo passo nel dare l’esempio per un corretto uso dei social.

Quali sono gli errori più frequenti dei genitori in fatto di educazione digitale? Non tutti hanno un’alfabetizzazione digitale per cui bisogna avvicinarsi ai ragazzi sui social non per giocare con loro ma per capire cosa stanno facendo.

Il mio punto di vista

Ormai lo sappiamo, a tutti piace “controllare” il cellulare, curiosare, informarsi, scambiare messaggi con gli amici, tuttavia, con i nostri figli dovremmo cercare di limitare questa esigenza.

I bambini, anche quelli più piccoli, osservano ed imparano dagli atteggiamenti di noi adulti. Per quanto a volte sentiamo il bisogno di distrarci dai ritmi quotidiani ed il cellulare è una vera e propria tentazione, anche noi dobbiamo autoregolarci perchè questo può causare disattenzione nei confronti dei più piccoli.

Cosa fare in maniera pratica?

  • Evitiamo di tenere sempre a portata di mano il nostro cellulare;
  • Diminuiamo il tempo sui social network;
  • Limitiamo la condivisione online di ogni momento della nostra giornata;
  • Passiamo del tempo di qualità con i nostri figli.

citazione: “Non saranno né la televisione né Internet a creare disagio ai bambini e agli adolescenti, quanto una certa indisponibilità degli adulti a esserci.” (Paolo Crepet, cit da La Gioia di Educare)

Se vuoi approfonfire questo argomento guarda la campagna “Se non ha l’età, i social possono attendere“ lanciata dal Garante privacy e Telefono Azzurro.

2 Marzo 2021 0 commento
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Arte maieutica

Fare un passo indietro per aiutare i ragazzi a responsabilizzarsi

da Claudia Mondina 12 Ottobre 2020
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Quando nasce un bambino si fanno tanti progetti per lui. Ma un figlio non è mai uguale al sogno dei suoi genitori: farà scelte diverse dalle loro che a volte dovranno fare un passo indietro e riflettere.

Nel mio percorso come insegnante privata, ho sempre incontrato genitori desiderosi per i propri bambini di dare loro ciò che non hanno potuto avere nella loro infanzia: scuola, vacanze, amicizie, tipo di educazione sono solo alcune di queste. Nel tempo, però, mi sono resa conto che i genitori, in queste situazioni, dovrebbero fare un passo indietro e lasciare che siano i ragazzi a fare le scelte che competono loro.

Anche io, come mamma, avevo molte aspettative sui miei figli. Ma riflettendo ho capito che essere genitori significa stargli accanto durante il percorso di crescita, supportandoli, ma evitando di scegliere per loro. Essi potrebbero vivere con angoscia e depressione l’impossibilità di accontentare il genitore. Questo fallimento, come spesso viene percepito dai bambini, può causare una mancanza di fiducia in se stessi.

La volta in cui ho dovuto fare un passo indietro

Verso la fine della terza media, mia figlia decise di frequentare il liceo scientifico, nonostante non avesse buoni voti in matematica. Sia io che gli insegnanti non approvammo quella scelta, ma lei fu irremovibile. Così la iscrissi nello stesso liceo che aveva frequentato il fratello. Si inserì bene e riuscì a seguire discretamente l’anno scolastico, nonostante le carenze in aritmetica. Alla fine, però, fu lei stessa a decidere che sarebbe stato meglio cambiare indirizzo e per il secondo anno scelse di passare al liceo delle scienze sociali.

Fu qui che le mie convinzioni e aspettative mi bloccarono. Ero ormai soddisfatta della sua scelta e di come l’aveva affrontata e non riuscii subito a capire le motivazioni dietro a quel cambiamento. A questo andava aggiunto che, personalmente, avevo sempre ritenuto il liceo delle scienze sociali meno completo del liceo scientifico.

Caso vuole, però, che in quei giorni incontrai una lontana cugina che insegnava proprio al liceo dove voleva iscriversi mia figlia. Così, parlammo dell’istituto e della decisione della ragazza. Quando mi chiese il perché della mia opposizione a quella scelta, non seppi spiegarle il problema. Ma alla fine non c’entrava nessuno se non me stessa. Ero solo preoccupata della mia serenità, del fatto che mi fidassi di più di una scuola piuttosto che dell’altra.

Alla fine, decisi di fare un passo indietro e lasciare che fosse lei a scegliere, aiutandola a fare la domanda di iscrizione e a inserirsi nella nuova scuola. A oggi, mia figlia ha giovato della decisione e non se ne è mai pentita.

La lezione che tutti possiamo imparare

La prima lezione che penso di potervi passare è questa: fare un passo indietro non è negativo. Non sentitevi irresponsabili o di stare venendo meno ai vostri obblighi genitoriali. La serenità dei figli deve sempre essere messa al primo posto. Penso che, prima di prendere decisioni di cui pentirsi, bisognerebbe indagare se stessi e le reali motivazioni dietro ai propri sentimenti.

La seconda, come sempre, è quella di avere fiducia nei vostri figli. Riconoscere le capacità dei propri ragazzi, sostenere le loro scelte, aiuta a stare bene con se stessi e con loro. E gli si dà la possibilità di crescere, responsabilizzarsi, pur sapendo di poter contare sui propri genitori.

“I vostri figli non sono vostri… sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita. Nascono per mezzo di voi, ma non da voi. Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono. Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.”
(da “Il profeta” di Kahlil Gibran)

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    12 Ottobre 2020 0 commento
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    Arte maieutica

    Come aiutare i ragazzi a superare l’incubo dei compiti estivi

    da Claudia Mondina 27 Maggio 2020

    Mentre a scuola affidano ai ragazzi compiti estivi da svolgere passivamente, vi spiego come la partecipazione attiva degli studenti mi permette di fargli ottenere risultati migliori, attivando il loro senso di responsabilità.

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    Sta per arrivare l’estate quindi, emergenza o no, i ragazzi saranno presto raggiunti dai temuti compiti estivi. E poco dopo, sarà la volta della lista del materiale da acquistare per l’anno prossimo, l’incubo dei genitori. In questo periodo, mi sono sorpresa a pensare a quando i miei figli, davanti a quelle pile di esercizi, mi chiedevano: “ma a me nella vita cosa servirà sapere che…?”

    Da mamma cercavo di far capire loro la necessità di un’educazione al dovere e allo studio e che lo studio è uno strumento per crescere e formarsi. Oggi, da insegnante privata, provo ad articolare la risposta in modo diverso. Mi sono subito resa conto che la mole di libri per ogni anno scolastico è spesso sproporzionata al programma effettivamente svolto in aula. Aggiungiamo, poi, che spesso i ragazzi hanno difficoltà a interessarsi alle materie trattate in classe, troppo distante dalle loro idee di cosa sarà davvero utile per la vita “da grande”.

    Coinvolgimento e senso pratico: il mio metodo per i compiti estivi

    Nella mia esperienza come insegnante privata, infatti, ho capito presto che la partecipazione attiva dei ragazzi allo studio è una parte fondamentale del processo d’apprendimento. Anche il bisogno di applicazione pratica di quello che si sta studiando è importante per loro. Proprio dai miei studenti ho imparato che se si sentono coinvolti e stimolati con esempi pratici, lo studio dà risultati sorprendenti.

    Normalmente, io mi occupo di alunni delle scuole medie e li seguo orizzontalmente su tutte le materie. Aiutarli a fare i compiti estivi, o a studiare durante l’anno, significa ripassare costantemente e rimettersi sempre in discussione. Chiedere ai ragazzi di essere i propri compagni di studio e porsi sul loro stesso livello, mi hanno permesso di entrare in sintonia con loro. E questa sintonia è essenziale per coinvolgerli, capire come si sentono nei confronti della materia e trovare con loro la soluzione per aggirare il problema.

    Inoltre, se siamo allo stesso livello, i ragazzi non si sentono a disagio a essere loro a spiegare a me gli argomenti da trattare. Questo meccanismo che li vede come insegnanti, attiva in loro il senso di responsabilità. Come ho già detto parlando della riapertura delle scuole, concedere ai ragazzi la propria fiducia li rende consapevoli delle proprie capacità. E li aiuta anche a fare i compiti.

    “Il modo migliore per scoprire se ci si può fidare di qualcuno è di dargli fiducia”

    Ernest Hemingway

    Lavorando insieme, come pari, io e i ragazzi possiamo superare ogni ostacolo, spalleggiarci, coinvolgerci a vicenda e far diventare i compiti e lo studio un processo di apprendimento pratico e attivo. E non qualcosa di noioso da affrontare passivamente.

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      27 Maggio 2020 1 commento
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      La-fatica-dei-genitori-ai-tempi-del-covid-19
      Arte maieutica

      La fatica dei genitori ai tempi del Covid-19.

      da Claudia Mondina 12 Maggio 2020

      Stare insieme a casa è un’opportunità?

      In questa situazione di congestione casalinga, anche lo stress dei genitori è aumentato. Ma stare insieme a casa può rivelarsi una grande occasione. Ne ho parlato con Giulia, mamma di due figli di 12 e 8 anni, di cui vi riporto più avanti una testimonianza.

      Volevo incominciare raccontandovi un pezzo del mio percorso, ma non posso proprio scrivere. Non mi vengono le idee. Continuo a pensare a quella che, in questo momento, è la fatica dei genitori che si trovano ad avere, non solo le difficoltà che abbiamo tutti a vivere in questa situazione, ma anche i figli a casa tutto il giorno. Con l’emergenza Covid-19, quindi, i loro impegni scolastici ed extrascolastici si svolgono tutti in uno spazio che ora penso sia strettissimo. E allora, mi sono chiesta: stare insieme a casa è davvero un’opportunità?

      Per non parlare, poi, dell’assenza totale di aiuto di cui prima potevano avvalersi i genitori. Non si può più chiamare un nonno o una babysitter per i bambini. O invitare un amico. O, ancora, fare una gita scolastica, una festa e via dicendo. Nessun colloquio con i professori. Non esiste più un momento di svago, una sera al cinema o andare a mangiare una pizza e l’elenco delle privazioni non finisce qui.

      Per capire meglio la fatica dei genitori ho chiesto a Giulia, la mamma di un ragazzo di 2a media a cui do lezioni private di tedesco, se mi poteva mandare una descrizione di com’è la loro realtà familiare in questo periodo, visto che i miei figli sono grandi e vivono per conto loro. Condivido con voi questa testimonianza in cui trovo anche un po’ di ilarità.

      La testimonianza di Giulia

      “Viviamo in un appartamento di 75 mq composto da due camere, un soggiorno con cucina a vista e un bagno. Siamo in quattro e normalmente gli spazi, seppur piccoli, sono sufficienti, vivendo la casa tutti insieme solo per poche ore al giorno. La scuola, il lavoro, i corsi di nuoto, scherma, musical, inglese ci tengono fuori per molte ore.

      Naturalmente adesso la situazione è decisamente cambiata. Mio figlio di 12 anni passa almeno tre ore al giorno su diverse piattaforme, la più piccola di 8 ne passa un paio tra scuola e chiamate Skype con compagni che non vede da mesi e mio marito è impegnato tra video call e seminari online.

      Tutto ciò avviene nelle tre stanze a nostra disposizione. Questo comporta che la sottoscritta debba decidere se farsi vedere nello splendore della mise casalinga e la piega all’ultimo grido o se rintanarsi alla chetichella in bagno con l’amico telefono o in compagnia di un buon libro.

      Nei restanti momenti liberi dai congegni elettronici, mi rimane il “piacere“ dei compiti che già sono una gioia a regime normale. Il ragazzo che frequenta la seconda media è piuttosto autonomo e tende a rifiutare l’aiuto, passando però ore in solitudine davanti uno schermo, spesso spiaggiato sul letto. La bimba di terza elementare, invece, va seguita perché, oltre ai soliti compiti, adesso a noi mamme tocca anche una parte di spiegazione che le maestre in un’ora a video non riescono a completare.

      Gli argomenti svolti sono ovviamente semplice e alla portata anche di chi non tocca un libro scolastico da ormai vent’anni. Sembrerebbe quindi di facile gestione se non fosse che quando parla la maestra è il Verbo quando parla la mamma è tutto molto discutibile e l’”Ipse dixit” non vale più. Accade così che, sedutami al tavolo con il sorriso che solo la più amorevole delle fatine fiabesche indosserebbe, dopo pochi minuti avviene la trasformazione nella sorella cattiva di Crudelia De Mon.

      A quel punto, come ridestato da un sogno, si affaccia in soggiorno il papà che, con la faccia a punto interrogativo, abbozza ignaro delle conseguenze la fatidica domanda “Cosa succede?”, aprendo l’argine a un fiume di parole in piena.

      Non è però tutto negativo. La mia bimba, non avendo l’ansia del tempo, sta scrivendo meglio e i suoi elaborati sono più ordinati. Il grande, Andrea, sabato ha organizzato per la famiglia un programma che prevedeva palestra, spa, doccia, aperitivo e cena a cui ci ha voluto tutti in ghingheri. Mio marito, che spesso per lavoro rientra tardi, è sempre a cena e a pranzo con noi. Certo, le preoccupazioni per la salute dei nostri cari e per il discorso economico non mancano, ma forse avremo imparato a godere di più delle piccole cose e certamente a saper sopportare i difetti delle persone con cui viviamo.”

      La fatica dei genitori: c’è sempre un lato positivo!

      Bella questa descrizione: mi è piaciuto il modo ironico con cui Giulia racconta la situazione, seppur pesante, e la fatica dell’essere genitori. Ma ancora di più, mi ha sorpreso la parte finale, dove questa mamma trova anche il lato positivo nella condizione attuale che fa sfocare gli aspetti negativi. Il figlio, Andrea, che prepara una festa per i genitori, addirittura con la spa e una cena elegante, la bambina che migliora la scrittura perché è più serena e il papà che c’è di più a casa… anche se magari un po’ distratto!

      C’è una gioia grandissima in tutto ciò e mi viene in mente, a proposito di aspetti positivi, che, qualche sera fa, io e i miei due figli ci siamo sentiti in una videochiamata. Io avevo appena finito di guardare un album di foto della nostra famiglia e gliene ho parlato.

      Ho anche detto loro che, forse, quando erano piccoli, ero stata un po’ troppo ansiosa e tesa e che mi dispiaceva. Probabilmente, ero stata anche severa, perché così ero stata educata. È vero che con il tempo sono cambiata, ma vedendo quelle foto mi era venuto un po’ di rammarico e così ho accennato l’argomento. Temevo in realtà che loro si ricordassero questa figura un po’ arcigna che mi sono lasciata alle spalle.

      Ma, anche qui, sorpresa! Mi hanno assicurato che l’immagine che hanno di me come mamma è bella e positiva. Forse non si ricordano di qualche scatto, di qualche nervosismo, di qualche urlata o di qualche scappellotto, ma si ricordano che io per loro c’ero.

      Non ci saremmo mai detti queste cose in una situazione normale. Mi rendo conto che, in questi giorni veramente pesanti, i sentimenti e gli affetti si espandono e possono diventare grandissimi, come forse mai prima d’ora!

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        Arte maieutica

        Perché Arte Maieutica Ribelle?

        da Claudia Mondina 4 Maggio 2020

        Vi spiego come sono entrata in contatto con la maieutica e perché, nel creare questo diario, ho deciso di chiamarla “ribelle”.

        Una ribellione che ha contraddistinto tutta la mia vita, non a Socrate ma ai luoghi comuni della nostra società, dalle relazioni coi miei figli a quelle con i ragazzi a cui do ripetizioni.

        La maieutica, o metodo socratico, è un metodo di insegnamento che trae le sue origini da Socrate che, tra le molte teorie filosofiche, ha avuto anche questa intuizione di grande attualità. Ovvero, che l’insegnante non si debba porre in modo autoritario con l’alunno, ma debba essere colui che fa nascere nello studente il desiderio, la curiosità e lo stimolo verso la conoscenza. Maieutico, infatti, deriva dal termine greco per “levatrice”.

        Il primo approccio con la maieutica l’ho avuto 30 anni fa quando, appassionata di Pietro Lombardo, giornalista, psicologo e pedagogista, ascoltavo la sua trasmissione “Educhiamo i nostri figli”. Ho acquistato il primo dei suoi libri “Crescere per educare” che mi ha, poco alla volta, portato in un mondo nuovo. Mi ha stupito come, all’interno del libro, Lombardo affermi che un genitore ha un impatto educativo sui propri figli secondo lo schema: poco per quello che dice, molto per quello che fa, tantissimo per quello che è.

        Continuando la lettura, ho ritrovato il metodo maieutico nell’ambito dell’insegnamento. E da qui in avanti, ho cominciato a prendere spunti e ad applicarlo nel mio stesso stile di vita, nel campo educativo, relazionale e, appunto, in quello dell’istruzione. Ho scoperto parole mai sentite prima: empatia, attenzione alla persona, intelligenza del cuore, ascolto e comprensione dell’altro, sguardo all’affettività e molte altre che ritroverai tra queste pagine.

        La maieutica come arte della ribellione

        L’ho chiamata “maieutica ribelle” perché all’interno di questo diario personale scoprirete che tutto nasce dalla mia ribellione ai luoghi comuni della nostra società. Per fare un esempio, oggi si pensa che il bambino o lo studente che ha difficoltà a studiare debba essere uno svogliato, pigro, lavativo. Spesso a torto.

        Io ritengo che sia meglio fare una distinzione tra un bambino più veloce e uno più lento nell’apprendere, così come nello scrivere o nel parlare. Ma in pochi, secondo la mia esperienza, sono pronti a riconoscere che un ragazzo possa avere una grande ansia nel rapporto con la sua famiglia o con gli insegnanti quando non sente di venire apprezzato per i suoi sforzi. E questo può comportare poca fiducia in sé e nelle sue capacità.

        Citando il romanzo Siddharta di Herman Hesse:

        “Tu non lo costringi, non lo picchi, non gli dai ordini, perché sai che c’è più forza nel molle che nel duro, sai che l’acqua è più forte che la pietra, che l’amore è più forte che la violenza.”

        Per questo ho deciso di fare mia l’arte maieutica di Socrate e cambiare l’approccio con cui interagisco con i ragazzi a cui faccio lezioni private. La mia proposta su queste pagine, quindi, sarà quella di ribellarsi ai luoghi comuni, spingersi oltre le apparenze e usare l’intelligenza del cuore.Con questo diario, infatti, intendo rivolgermi in primo luogo ai genitori con figli in età scolare e adolescenti. Ma, proprio per il mio vissuto, parlerò spesso anche a chi si trova in una situazione difficile e ha deciso di sfidarla e combattere, come feci io. Anziché lasciarmi travolgere dai problemi, ho scelto di accettarli. Perché a volte bisogna imparare ad andare a braccetto anche con compagni di viaggio più sgraditi.

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